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Le
frontiere maledette del Medio Oriente
di Filippo Gaja
Maquis Editore
Febbraio 1991
Capitolo 36. A CHI APPARTIENE IL KUWAIT?
La dinastia Sabah non è mai stata famosa
per la sua propensione alla democrazia. Prima che fosse scoperto il
petrolio, i Sabah governavano il Kuwait nelle forme più arcaiche
dell'assolutismo, non diversamente da quanto facevano d'altronde i Saud
in Arabia, o gli Al Khalifah in Bahrein. Tutto il potere, tutta l'amministrazione
e tutta la proprietà dei beni si assommavano nelle mani dello
sceicco che li divideva, senza alcun controllo, con i membri della famiglia.
Che i Sabah governassero per conto proprio, per conto dell'Inghilterra,
per conto della Turchia, o per conto dell'Irak, non aveva mai assunto
un'importanza decisiva. La dipendenza era benvenuta se portava dei vantaggi
e l'indipendenza era desiderata quando e se la sudditanza comportava
il pagamento di tributi, vincoli o spese. Le vicende del potere erano
regolate esclusivamente dal consiglio di famiglia, in base a equilibri
insondabili. Alla morte del regnante, il consiglio designava come successore
colui che sembrava mostrare il più solido senso degli affari
e pareva meglio collocato per condurli a buon fine. Il modernismo era
visto con sospetto.
Nel 1921 si produsse una prima agitazione fra i notabili, decisi a ottenere
una partecipazione agli affari dello Stato. Alla morte del nono sceicco
della dinastia Sabah, Salem Al Mubarak, gli esponenti del mondo degli
affari kuwaitiani puntarono i piedi dichiarando che non avrebbero riconosciuto
il nuovo sceicco in mancanza di un formale impegno della famiglia Sabah
(di cui contestavano la sovranità) a una maggiore apertura. Erano
quelli tempi difficili per il Kuwait. I soldati di Ibn Saud attaccavano
in continuazione l'emirato, tentando di conquistarlo. La situazione
era di grande instabilità, al punto che come sappiamo l'alto
commissario britannico Percy Cox intervenne d'autorità per fissare
i confini del Kuwait sia sul fronte saudita che su quello iracheno.
I notabili ottennero la nomina di una commissione consultiva di 12 membri
e la facoltà di indicare una rosa di tre candidati alla successione,
sempre scelti nella famiglia Sabah.
Dietro l'aspetto tecnicamente democratico di questa innovazione si nascondeva
in realtà un'operazione di contenuto nettamente reazionario,
che aveva in quel momento l'obiettivo di escludere dal potere Abdalla,
il figlio maggiore dello sceicco defunto, considerato pericolosamente
«modernista».
A quest'ultimo fu infatti preferito Ahmed Al Jabir. Offeso, l'emiro
Abdalla si ritirò in una specie di semi esilio volontario nell'isola
di Failaka, al largo delle coste del Kuwait.
Ma poco dopo il nuovo sceicco Al Jabir trovò che anche i semplici
consigli gli erano d'impaccio e poche settimane dopo averla formata
sciolse la commissione consultiva e governò da solo fino al 1950.
La presenza inglese congelò qualsiasi ipotesi di mutamenti nei
tracciati delle frontiere e di discussioni intorno alla sovranità.
In Kuwait c'era chi avrebbe desiderato l'unione con l'Irak al fine di
proteggere il territorio dell'emirato dalle ambizioni saudite; ma gli
inglesi non volevano vedere l'Irak né troppo grande né
troppo forte. Nel 1930 finalmente la Gran Bretagna dovette riconoscere
la piena indipendenza dell'Irak, che il 3 ottobre del 1932 fu ammesso
come Stato sovrano alle Nazioni Unite. Fino a che Feysal, creatura inglese
e acquiescente nei confronti dell'amministrazione britannica, rimase
sul trono dell'Irak, la questione della sovranità sul territorio
kuwaitiano non si presentò come un vero problema. Ma alla morte
di Feysal, nel 1933, gli successe il figlio Ghazi I, e questi era di
pasta diversa dal padre. Era fieramente antibritannico e aveva installato
una radio trasmittente nel suo palazzo di Baghdad, con la quale diffondeva
appelli nazionalisti e discorsi infiammati contro gli inglesi e contro
i sionisti in Palestina. Queste trasmissioni erano molto ascoltate in
Kuwait fra studenti, intellettuali e commercianti. A Bassora si formò
una «Associazione degli Arabi del Golfo» il cui programma
era l'unione del Kuwait all'Irak. La stampa irachena prese ad additare
lo sceicco del Kuwait come un sovrano dalla mentalità medioevale
che manteneva il paese ancorato a una arretratezza spaventosa.
Fu appunto nel 1933 che un governo iracheno sollevò per la prima
volta ufficialmente la questione kuwaitiana. Qualche anno più
tardi, nel 1937, il ministro degli Esteri di Baghdad comunicò
al Foreign Office che «l'accordo anglo-ottomano del 1913 riconosceva
il Kuwait come zona autonoma della provincia ottomana di Bassora (...)
La sovranità della provincia di Bassora è stata trasferita
dallo Stato ottomano al regno di Irak, e perciò, come contempla
la convenzione del 1913, deve comprendere anche il Kuwait. L'Irak non
riconosce altri cambiamenti nello statuto del Kuwait».
Si trattava di una richiesta esplicita di annessione del Kuwait all'Irak
che gli inglesi respinsero decisamente sfoderando una serie di sottili
argomenti giuridici. L'argomento principale del governo britannico fu
che la Turchia, con i due trattati di Sèvres e di Losanna, aveva
rinunciato, con il primo «a tutti i diritti di sovranità
o di giurisdizione sui musulmani che si trovavano sotto il protettorato
di altri Stati», e con il secondo «a ogni diritto concernente
territori situati al di là delle frontiere (della Turchia): la
sorte di questi territori è regolata o deve essere regolata dagli
interessati». Per conseguenza l'Irak, secondo l'amministrazione
britannica, non poteva rivendicare un territorio che la Turchia aveva
abbandonato. E poiché il Kuwait si trovava sotto protettorato
britannico, la «parte interessata era l'Inghilterra e questa disse
no.
La rivendicazione irachena restò congelata in questi termini,
ma gli attacchi congiunti della radio di re Ghazi e della stampa produssero
il loro effetto in Kuwait. I riflessi della crisi economica mondiale
del 1929 si facevano sentire pesantemente. Il suo porto si era ridotto
ad essere un centro di commercio di prodotti secondari, lana, pelli,
sego, cavalli importati dal Neged. Lo sceiccato aveva circa 70.000 abitanti,
un quinto dei quali nomadi. Non pochi kuwaitiani vedevano nell'unione
con l'Irak la sola possibilità di sopravvivenza economica. Fra
commercianti e intellettuali si produsse un'agitazione tendente a ottenere
dallo sceicco Ahmed Al Jabir la creazione di un'assemblea legislativa
capace di mettere in piedi delle istituzioni economiche e sociali più
moderne.
Il 2 luglio 1938 lo sceicco firmò il documento costituzionale.
Non era ancora una vera costituzione, ma più semplicemente un
impegno formale in cui si fissava il principio generale che «la
nazione è la sorgente del potere, ed è rappresentata dai
deputati che essa elegge». Inoltre il documento affidava ad una
assemblea legislativa il compito di elaborare 7 leggi basilari: sul
bilancio, sulla giustizia, sulla sicurezza pubblica, sull'istruzione,
sulla sanità, sull'urbanesimo e sui poteri di guerra, tutte materie
fin li devolute al giudizio personale dello sceicco. La promessa costituzionale
dello sceicco conteneva infine un accenno al diritto dell'assemblea
nazionale legislativa di approvare o respingere i trattati, le convenzioni
e le concessioni.
A differenza dell'assemblea consultiva del 1921 i cui 12 membri erano
stati "designati " dallo sceicco, il «Consiglio legislativo»
del 1938, di 14 membri, fu eletto con elezioni libere, anche se riservate
agli strati più elevati della popolazione. L'innovazione democratica
non si poteva dire prodotto di un fenomeno politico di massa, ma fu
nondimeno significativa per le sue conseguenze. L'assemblea elesse come
proprio presidente l'emiro Abdalla, cugino dello sceicco, che rientrò
dal suo esilio volontario nell'isola Failaka.
Per due volte di seguito il «Consiglio», una prima volta
subito dopo l'elezione, e una seconda qualche mese dopo, si pronunciò
in favore dell'unione del Kuwait con l'Irak. Manifestazioni pubbliche
a sostegno dell'atteggiamento filoiracheno del Consiglio si ebbero nella
città di Kuwait. Ma oltre a chiedere l'unione con l'Irak, l'assemblea
tentò anche di diminuire i poteri dello sceicco e delle autorità
britanniche. Ciò bastò a determinare la sua dissoluzione.
Lo sceicco fece arrestare gli oppositori più accesi e ne mandò
altri in esilio e continuò a governare da solo con l'aiuto del
«consiglio della famiglia regnante».
In seguito a questa repressione, re Ghazi sfidò l'Inghilterra,
ordinando all'esercito iracheno di procedere all'occupazione del Kuwait.
Ghazi aveva approfittato della temporanea assenza del suo primo ministro
per prendere questa decisione, che inevitabilmente era destinata a provocare
una crisi di grandi proporzioni, e quasi certamente un intervento militare
britannico. Re Ghazi fu oggetto di pressioni fortissime da parte del
gruppo di potere filo britannico del suo regno, e alla fine fu costretto
a revocare l'ordine di invasione del Kuwait. L'anno successivo, nel
1939, Ghazi morì in un «incidente automobilistico».
Naturalmente le date e le coincidenze delle date hanno una loro importanza
nella storia. Dietro a questi avvenimenti si profila l'ombra di un fatto
importante: la scoperta del petrolio. L'oro nero aveva infatti cominciato
a sgorgare in quantità commerciali dai pozzi del giacimento kuwaitiano
di Burgan giusto nell'aprile del 1938. Si trattava del giacimento petrolifero
più ricco dell'intero orbe terracqueo: esteso su 78 chilometri
quadrati, lungo 24 chilometri, un gigantesco serbatoio sotterraneo di
300 metri d'altezza, a una profondità di circa 1.000 metri.
Un cenno alla storia delle concessioni petrolifere e della scoperta
del petrolio in Kuwait diviene utile a questo punto, poiché è
la chiave di interpretazione ovvia di tutti i fatti politici di questo
periodo e di quello successivo. Tale storia segue la falsariga degli
altri casi che abbiamo raccontato: anche qui si ebbero trattative segrete
delle compagnie petrolifere con lo sceicco regnante e un contrasto fra
inglesi e americani, finito con un compromesso, per una spartizione
dello sfruttamento delle risorse kuwaitiane.
Il Kuwait non era stato compreso nella zona delimitata dall'accordo
della «linea rossa». Ma, come tutti gli sceicchi dei principati
del Golfo, il sovrano del Kuwait era legato all'Inghilterra da una lettera
che lo sceicco Mubarak aveva dovuto sottoscrivere nell'ottobre del 1913
su richiesta del rappresentante politico britannico nel Golfo, nella
quale si impegnava «a non accordare alcuna concessione petrolifera
se non alle persone designate e raccomandate dal governo britannico».
Già nel 1914 L'Anglo-Persian Oil Company si era interessata al
Kuwait ma aveva presto abbandonato le ricerche. Le prime prospezioni
non avevano dato esito promettente e gli inglesi avevano preferito concentrare
la loro attenzione sull'Iran e sull'Irak. Il solito maggiore inglese
Frank Holmes ottenne nel 1923 dallo sceicco Ahmed Al Jaber una «opzione»
petrolifera a favore della Eastern and General Syndacate di Londra.
Holmes tentò prima di tutto di rivendere la concessione all'Anglo-Persian.
Ma questa aveva già abbastanza petrolio e lasciò cadere
la proposta.
Per conseguenza Holmes si rivolse all'americana Gulf Oil Corporation,
che nel novembre 1927 acquistò la concessione e prese a trattare
direttamente con lo sceicco regnante. In base ai vecchi impegni assunti
da Mubarak con l'agente politico inglese nel Golfo, lo sceicco informò
l'autorità britannica e il Colonial Office intervenne prontamente
per bloccare le trattative. Secondo il governo di Londra, la compagnia
concessionaria non poteva che avere nazionalità britannica. Era
un principio fondamentale della politica inglese quello per cui nessuno
che non fosse inglese potesse mettere le mani sul petrolio, compreso
quello che l'Inghilterra rinunciava a valorizzare. I petrolieri americani
chiesero allora l'intervento del Dipartimento di Stato che avanzò
fiere rimostranze e accusò il governo di Londra di praticare
una politica contraria alla «porta aperta».
Dopo un lungo contrasto, inglesi e americani giunsero a un accordo per
dividersi al 50 per cento, fra Anglo-Persian Oil Company e Gulf Corporation
americana, il petrolio del Kuwait. A questo scopo, il 2 febbraio 1934,
fu costituita la compagnia «Kuwait Oil Company». La compagnia
sottoscrisse un preventivo accordo con il governo inglese, e ottenne
una autorizzazione a negoziare con lo sceicco, il quale infine poté
firmare la concessione, il 23 dicembre 1934. La volontà dell'Inghilterra
era rispettata.
La Kuwait Oil Company ebbe per 75 anni l'esclusiva dell'estrazione del
petrolio su 17.820 chilometri quadrati, comprese le acque territoriali
di 6 miglia marine. Il petrolio, come detto, arrivò in superficie
nel 1938, ma il suo sfruttamento fu subito interrotto per lo scoppio
della seconda guerra mondiale. Il primo carico di petrolio uscì
dal porto di Kuwait solo nel 1946, a guerra finita.
La concessione del 1934 alle compagnie petrolifere inglesi e americane
escludeva le "zone neutre". Quando queste erano state create
nel corso della famosa conferenza di Ugair da sir Percy Cox, nel 1922,
la possibilità che si potesse trovare il petrolio sotto le dune
del deserto non era stata nemmeno presa in considerazione. Il problema
che si era presentato all'alto commissario inglese era stato solo quello
di conservare alle tribù beduine kuwaitiane e arabo-saudite i
loro diritti di accedere ai pozzi e ai pascoli. La zona neutra fra Arabia
Saudita e Kuwait si rivelò invece come una delle regioni più
ricche di petrolio del mondo.
Il Kuwait concesse nel 1948 la sua parte dei diritti sulla zona neutra
a un gruppo di 10 società petrolifere americane riunite nella
American Indipendent Oil Company (AMINOIL). più tardi l'Arabia
Saudita concesse la sua parte a un'altra compagnia americana, la Pacific
Western Oil, che qualche anno più tardi si trasformò in
Getty Oil Company.
La questione della sovranità sul Kuwait prendeva evidentemente
ora contorni diversi. Nel 1950, come si è detto, salì
al trono l'emiro Abdalla, uomo di una certa apertura alla modernità,
che approfittando della nuova disponibilità di mezzi offerta
dal petrolio avviò una politica di trasformazione graduale del
Kuwait, con l'arrivo di molti immigranti, soprattutto palestinesi, e
con contatti sempre più aperti e frequenti con l'esterno. Un
gran numero di giovani kuwaitiani andò a terminare gli studi
superiori all'estero, soprattutto in Egitto, subendo l'influenza nazionalista.
Nel 1956, in coincidenza con lo sbarco anglo-francese e l'attacco israeliano
all'Egitto, si produssero anche in Kuwait manifestazioni antibritanniche.
Preoccupati di disinnescare i motivi più scottanti di agitazione,
gli inglesi cercarono di trovare una soluzione al problema spinoso della
sovranità dell'emirato.
Nel febbraio del 1958 la diplomazia britannica credette di avere trovato
la quadratura del cerchio incoraggiando i due monarchi di Giordania
e d'Irak a unirsi in una «Federazione araba». A questa federazione
di monarchie avrebbe aderito, nell'interesse inglese, anche lo sceicco
Abdalla del Kuwait. Nel progetto inglese, Irak, Giordania e Kuwait potevano
divenire il bastione dell'influenza occidentale in Medio Oriente, con
la garanzia militare anglo-americana, contrapponendosi all'ascesa del
nazionalismo arabo repubblicano.
L'emiro del Kuwait iniziò nel maggio del 1958 a Baghdad trattative
concrete con il primo ministro iracheno del momento, il filoinglese
Nuri Said. Si tenne anche una conferenza segreta a Bassora, fra Irak,
Inghilterra e Stati Uniti.
Ma all'alba del 14 luglio 1958 la 19a brigata dell'esercito iracheno,
comandata dal colonnello Abdel Karim El Kassem e la 20a brigata comandata
dal colonnello Abdul Salam Aref, sorrette dall'appoggio spontaneo di
tutti gli strati della popolazione - dai contadini agli operai, agli
intellettuali, agli studenti - e dai partiti clandestini, insorsero
a Baghdad. Mentre i militari si impadronivano dei punti strategici della
città, la radio trasmetteva le note della «Marsigliese»,
inframmezzate da brevi comunicati che cominciavano con le parole «Qui
Repubblica d'Irak. È il vostro giorno di vittoria e di gloria».
La famiglia reale venne fucilata, il ministro Nuri Said, catturato dalla
folla, fu linciato.
La rivoluzione irachena, mettendo fine alla monarchia in Irak, mise
fine anche al progetto inglese di una federazione di monarchie arabe.
Suscitando grande entusiasmo, con manifestazioni di massa in tutto il
Medio Oriente, l'instaurazione della Repubblica in Irak parve imprimere
una forza incontenibile al nazionalismo arabo, tale da mettere in pericolo
l'influenza occidentale in Medio Oriente. Sembrò che, sotto la
spinta rinnovatrice proveniente dal basso, tutti gli «equilibri»
pericolanti potessero essere travolti. Le potenze occidentali intravidero
questo pericolo, e decisero di procedere a una operazione militare di
vaste proporzioni con l'intento di arrestare il movimento nazionalista
prima che potesse guadagnare tutta la regione.
Il 15 luglio 1958 una flotta di una cinquantina di navi da guerra americane,
fra le quali le portaerei Saratoga ed Essex, prese posizione davanti
alle coste del Libano e sbarcò 10.000 marines, che occuparono
Beirut, Tripoli e Sidone. Obiettivo: salvare il "baluardo"
cristiano dal pericolo arabo nazionalista. Contemporaneamente, gli inglesi
inviarono forti contingenti di paracadutisti in Giordania. Obiettivo,
in questo caso, salvare re Hussein dal pericolo repubblicano e dalla
possibile sollevazione dei profughi palestinesi costituenti la grande
maggioranza della popolazione giordana.
Tuttavia inglesi e americani non osarono attaccare direttamente la nuova
repubblica irachena temendo una guerra lunga e logorante. La vittoria
dei militari repubblicani nazionalisti in Irak divenne così un
fatto definitivo.
La Gran Bretagna dovette escogitare una nuova strategia per tenere il
Kuwait lontano dal clima rivoluzionario e antibritannico dell'Irak.
Il fatto che l'emirato continuasse ad essere un protettorato inglese
forniva giustificazione alle accuse di colonialismo e materiale abbondante
alla propaganda rivoluzionaria. L'Inghilterra scelse perciò la
strada di portare il Kuwait verso una forma di «indipendenza garantita».
A partire dal 1959, i "protettori" inglesi diedero il via
a una "marcia di avvicinamento" verso l'indipendenza, introducendo
il Kuwait in tutta una serie di organismi internazionali, dall'Unione
Postale Universale all'UNESCO, all'Organizzazione dell' Aviazione Civile
Internazionale, all'Organizzazione Internazionale del Lavoro. L'ingresso
in queste organizzazioni rappresentava già un primo riconoscimento
internazionale. Nel 1960 il Kuwait entrò nell'Organizzazione
dei Paesi Esportatori di Petrolio. Infine, a metà del 1961, gli
inglesi proclamarono formalmente l'indipendenza del Kuwait. I confini
del nuovo Stato sovrano rimasero, senza alcuna modifica e senza alcuna
consultazione con i paesi vicini, quelli fissati quattro decenni prima
dall'alto commissario Percy Cox.
Quando il 19 giugno 1961 il Kuwait annunciò l'indipendenza, ricevette
subito dall'Irak un curioso ma inquietante messaggio di felicitazioni.
Senza fare alcun riferimento all'indipendenza, il generale Kassem, presidente
dell'Irak, si rallegrava con l'emiro del Kuwait per l'annullamento del
trattato del 1899 con l'Inghilterra, che era stato «un atto illegale,
falso, internazionalmente inaccettabile, stipulato fraudolentemente,
all'insaputa della popolazione del Kuwait e delle autorità legali
ottomane in Irak, dallo sceicco Mubarak Al Sabah, il quale altro non
era che kaimacam (sottoprefetto) del Kuwait, dipendente dal governo
di Bassora». La spiegazione in chiaro di questo sibillino messaggio
giunse qualche giorno più tardi.
La crisi del 1961 costituisce un significativo precedente rispetto a
quella iniziata nell'agosto 1990 e vale perciò la pena di fame
un esame attento. Quattro giorni dopo l'indipendenza, il 22 giugno 1961,
il Kuwait chiese l'ammissione alla Lega Araba. Ma il 25 giugno Kassem,
in una conferenza stampa a Baghdad, rivendicò ufficialmente il
Kuwait come territorio iracheno, minacciando di ricorrere alla forza
per stabilirvi la sovranità del suo paese. Il generale Kassem
affermò esplicitamente: «Gli imperialisti hanno tentato
di prenderci di sorpresa accordando una falsa indipendenza al Kuwait.
Questo preteso Stato è sottoposto in realtà a una serie
di trattati e accordi che lo privano di una vera sovranità».
Subito dopo il governo di Baghdad emise un decreto con cui lo sceicco
Abdalla veniva «confermato» kaimacam del Kuwait, trasformandolo
in un funzionario del governo iracheno.
Febbrili consultazioni si svolsero fra Kuwait e Londra, e ventiquattro
ore dopo lo sceicco Abdalla chiese alla Gran Bretagna l'applicazione
di un trattato di «reciproca amicizia» che era stato sottoscritto
fra Kuwait e Inghilterra solo sei giorni prima, il 19 giugno, contestualmente
alla dichiarazione di indipendenza. Il 10 luglio 1961 una prima unità
d'assalto inglese di 600 commandos fu sbarcata a Kuwait dalla portaerei
Bulwark seguita nei giorni successivi da altri 5.000 uomini. La flotta
britannica prese posizione davanti alle coste. Anche alcune unità
saudite di terra entrarono in territorio kuwaitiano.
Su richiesta dell'Inghilterra il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si
riunì per prendere in esame la «minaccia» dell'Irak
nei riguardi del Kuwait. In apertura di seduta l'Irak depositò
a sua volta una richiesta urgente di condanna della «minaccia
armata della Gran Bretagna all'indipendenza e alla sicurezza dell'Irak».
La delegazione inglese sostenne che le forze britanniche erano sbarcate
in Kuwait in risposta all'appello urgente di questo paese, negando intenzioni
aggressive verso l'Irak. La delegazione sovietica denunciò il
Kuwait come «uno Stato fantoccio creato nell'esclusivo interesse
dei monopoli petroliferi anglo-americani». Il progetto di risoluzione
della Gran Bretagna, che invitava il Consiglio di Sicurezza a prendere
atto dell'indipendenza del Kuwait e a difenderne l'integrità
del territorio, fu respinto a causa del veto sovietico.
Il governo del generale Kassem non godeva in verità di molta
popolarità nei vertici del mondo arabo. Quanto era osannato dalle
folle conquistate dal suo radicalismo antibritannico, tanto era guardato
con sospetto dagli sceicchi, dai diversi monarchi, e dagli stessi dirigenti
nazionalisti repubblicani, in quanto si appoggiava sui comunisti. La
sua posizione era dunque estremamente debole. Il 20 luglio la Lega Araba,
su proposta dell'Arabia Saudita, con 8 voti contro 2 (Irak e Yemen)
votò l'ammissione del Kuwait alla Lega come membro a pieno diritto,
riconoscendone l'indipendenza, e decise l'invio di una forza militare
panaraba per sostituire quella britannica in Kuwait.
Il rappresentante iracheno rigettò la decisione come prodotto
della «cospirazione imperialista in seno alla Lega», e il
giorno dopo Radio Baghdad diffuse un comunicato ufficiale del governo
iracheno che respingeva l'ammissione del Kuwait come «azione criminale
perpetrata contro l'unità dell'organizzazione panaraba»
e assicurava la prosecuzione degli sforzi per «restituire il Kuwait
alla patria irachena».
I soldati di Arabia Saudita ed Egitto restarono un paio d'anni in Kuwait
fino a che, l'8 febbraio 1963, qualcosa cambiò in Irak.
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